Visita guidata martedì 15 ottobre 2013

Il palazzo, oggi sede dell’Accademia d’Ungheria, sorge sui resti di un antico porto fluviale, posto sulla riva sinistra del Tevere. Distrutto, molto probabilmente in seguito alla sistemazione urbanistica voluta da Giulio II all’inizio del XVI secolo, il porto è oggi parzialmente conservato nei sotterranei dell’edificio.

La strada sulla quale il palazzo si affaccia, tra le più belle ed eleganti di Roma, prende il nome dal pontefice che, dal 1508, decise di trasformare la medievale e scomoda via magistralis, in una nuova arteria in grado di collegare Ponte Sisto con il Ponte degli Angeli.

Prospetto su via Giulia

Prospetto su via Giulia

La strada doveva essere destinata ai negozia, cioè agli affari; intorno ad essa si sarebbero di conseguenza radunati i palazzi del potere, gravitanti verso San Pietro, nuovo polo, oltre il Tevere, della città papale.

La realizzazione del progetto di costruzione della Strada Giulia, fu affidato a Donato Bramante, con l’incarico di “indirizzare” la via, vale a dire di disegnarla come un lungo rettilineo, sul quale edificare per primo il grandioso palazzo dei tribunali.

In seguito a questo progetto, moti altri edifici sorsero sulla strada e, tra questi, il palazzo, posto al “principio” di via Giulia e appartenuto al cardinale Pomponio Ceci e al fratello Attilio, membri di una nobile famiglia presente a Roma dal Trecento. Nel 1574 il palazzo fu acquistato dalla famiglia Odescalchi per poi passare poi al Cardinale Paleotti e nel 1606 a Mario Farnese.

Nel 1638 l’edificio fu venduto, al prezzo di 19.000 scudi, ai Falconieri, famiglia di origine fiorentina, nota dal XIII secolo, trapiantatasi a Roma nel XVII secolo e salita a grande ricchezza con l’appalto delle gabelle del sale.

Falco in facciata

Falco in facciata

Fu Orazio Falconieri a decidere la ricostruzione del palazzo per la quale chiamò Francesco Borromini che realizzò uno dei suoi progetti più interessanti.

Tra il 1646 e il 1649, Borromini ampliò il palazzo aggiungendo sulla destra della facciata un portone cieco, sul quale fu posto l’emblema del falco, simbolo dei Falconieri, e aggiunse tre finestre alle otto preesistenti. All’estremità sinistra della facciata un’altra erma con falco fu messa in opera nel 1730-35 negli anni in cui l’architetto della famiglia Falconieri era Ferdinando Fuga.

Borromini riorganizzò anche l’atrio con colonne in granito, che introducono al cortile, originariamente molto più ampio, con ninfeo sul fondo.

La scala a sinistra dell’ingresso compiuta nell’Ottocento consente l’accesso al piano superiore dove alcune sale conservano sulla volta la ricca decorazione in stucco concepita da Borromini per i Falconieri.

Terrazza con vista su Roma

Terrazza con vista su Roma

Gli stucchi, dal forte contenuto simbolico, sono stati dorati nel Settecento, in occasione delle nozze di Costanza Falconieri con Luigi Braschi, nipote di papa Pio VI.

Sempre di Borromini sono la loggia dell’ultimo piano e la terrazza soprastante, decorata da Erme bifronti che alludono al movimento annuale del sole e della luna.

Nella loggia Borromini impiega elementi desunti sia del repertorio classico, sia da quello moderno, dando un nuovo corso al rinnovato linguaggio architettonico. Plasmato come una scultura, lo spazio è mosso da profilature sbalzate e chiaroscurate, nelle quali gli elementi decorativi sono impiegati con un senso strutturale nuovo e vibrante.

Claudia Viggiani